Licenziamento illegittimo per aver bevuto birra sul posto di lavoro

Il Tribunale Superiore di Giustizia di Madrid (STSJ Comunidad de Madrid 594/2024) ha confermato la illegittimità del licenziamento di una dipendente di un supermercato che è stata licenziata il 29 giugno 2023 dopo aver consumato una lattina di birra da 50 cl durante la pausa.

L’azienda ha giustificato la decisione sostenendo che tale comportamento costituisse una mancanza grave, oltre a richiamare un’ammonizione precedente. Tuttavia, il Tribunale del Lavoro n. 7 di Madrid ha concluso che la società non ha dimostrato che il consumo di alcol avesse influito sulla produttività della dipendente o rappresentasse un rischio per l’attività lavorativa.

Di conseguenza, il licenziamento è stato dichiarato illegittimo, e l’azienda è stata condannata a reintegrare la lavoratrice o a risarcirla con 55.245,13 €.

Nonostante l’azienda abbia fatto ricorso, la Sezione Lavoro ha confermato il giudizio, sottolineando l’importanza di valutare la proporzionalità e la gravità della mancanza in ogni singolo caso.

Bere alcolici durante il lavoro è sempre motivo di licenziamento legittimo?

Il fatto che un lavoratore consumi alcolici durante l’orario di lavoro o la pausa non implica automaticamente che il suo licenziamento sia legittimo. Ciò che conta è se tale consumo compromette la capacità di svolgere le proprie mansioni in modo sicuro ed efficiente.

Le aziende possono stabilire norme interne sul consumo di alcol, alcune con politica di tolleranza zero, mentre altre possono essere più flessibili a seconda del settore e della cultura organizzativa.

In settori in cui la sicurezza è cruciale — come la conduzione di macchinari pesanti, la guida di veicoli o l’assistenza sanitaria — il consumo di alcol è generalmente considerato una mancanza molto grave, per il rischio che comporta per il lavoratore e per terzi.

L’articolo 54.f dello Statuto dei Lavoratori stabilisce che “l’ubriachezza abituale o la tossicodipendenza” possono costituire motivo di licenziamento disciplinare, ma solo se incidono negativamente sull’attività lavorativa. Questo significa che, se un lavoratore beve alcolici durante la pausa senza che vi siano prove di un impatto sul rendimento o su situazioni di pericolo, il licenziamento potrebbe essere dichiarato illegittimo.

Diversi tribunali hanno confermato che il consumo occasionale di alcol, in assenza di danni comprovati per l’azienda o per la sicurezza, non giustifica un licenziamento disciplinare.

Conclusioni:

La legittimità del consumo di alcol durante l’orario di lavoro o la pausa dipende da vari fattori. Non è la stessa cosa un lavoratore che beve una birra durante la pausa e continua a svolgere le proprie mansioni normalmente, rispetto a un altro la cui condotta comprometta la produttività o la sicurezza.

È fondamentale che l’azienda abbia informato e concordato una politica specifica o un accordo contrattuale con il lavoratore: un’intesa chiara può influenzare in modo determinante l’esito di una eventuale controversia giudiziaria.

Le aziende, quindi, prima di procedere al licenziamento, devono valutare caso per caso se la decisione sia proporzionata o se sia più ragionevole infliggere una sanzione anziché il licenziamento, tenendo conto della pericolosità del comportamento e delle norme interne concordate.

Nella sua recente sentenza STSJ Canarias 837/2024, la Sezione Lavoro del Tribunale Superiore di Giustizia delle Canarie (TSJC) ha analizzato la legittimità del licenziamento disciplinare di un dipendente di WORTEN CANARIAS, S.L., che ha trasferito 3.890 euro a truffatori che si erano spacciati per il suo superiore.

La frode: una truffa telefonica ben eseguita

Secondo la sentenza, il dipendente ha ricevuto una telefonata da un presunto responsabile dell’azienda in Portogallo, che gli ha chiesto di effettuare un pagamento urgente per completare la consegna di un ordine. Il lavoratore ha quindi attivato 85 carte di ricarica Google Play e Amazon, inviando i codici ai truffatori senza verificare l’autenticità dell’istruzione. Come prevedibile, le carte sono state utilizzate immediatamente, causando una perdita economica significativa per l’azienda.

Responsabilità e perdita di fiducia

Il TSJC ha sottolineato che, data la posizione di responsabilità del lavoratore, ci si aspettava un comportamento più diligente. Il mancato rispetto dei protocolli interni ha compromesso la fiducia dell’azienda, giustificando il suo licenziamento disciplinare legittimo.

“Questa sentenza è rilevante nel contesto dell’aumento delle truffe telefoniche in vari settori. Oltre al danno economico, ciò che viene sanzionato è la negligenza grave del lavoratore. Se avesse seguito i protocolli interni e consultato i superiori, la frode sarebbe stata evitata. La perdita di fiducia è un elemento chiave in questi casi.”

Licenziamento legittimo per malafede contrattuale

In prima istanza, il licenziamento era stato qualificato come illegittimo. Tuttavia, il TSJC ha revocato tale decisione in sede di reclamo, ritenendo che la condotta del lavoratore costituisse una mancanza molto grave, giustificando così il licenziamento disciplinare legittimo.

Questo caso sottolinea l’importanza della diligenza nel rispetto dei protocolli aziendali e evidenzia le implicazioni legali derivanti dalla perdita di fiducia in ambito lavorativo.

Che cos’è la buona fede contrattuale?

La fiducia è un pilastro fondamentale nelle relazioni di lavoro, strettamente legato al principio di buona fede. Un ambiente di lavoro basato sulla fiducia permette ai dipendenti di sentirsi sicuri nell’esprimere idee, assumersi rischi e collaborare efficacemente, rafforzando le relazioni tra dirigenti e team. Questa dinamica favorisce il coinvolgimento, la lealtà e un clima lavorativo positivo.

Tuttavia, quando la fiducia è compromessa da una violazione della buona fede contrattuale o da un abuso di fiducia, possono sorgere conflitti che giustifichino anche un licenziamento disciplinare.

La buona fede nel contratto di lavoro: quadro normativo in Spagna

Il principio di buona fede contrattuale è riconosciuto nell’ordinamento giuridico spagnolo e menzionato espressamente nello Statuto dei Lavoratori:

  • Articolo 5.a): stabilisce come dovere fondamentale del lavoratore “adempiere alle obbligazioni specifiche del proprio ruolo, in conformità alle regole di buona fede e diligenza”.
  • Articolo 20.2: obbliga sia il lavoratore sia il datore di lavoro a adempiere reciprocamente le proprie prestazioni in conformità alle esigenze di buona fede.
  • Articolo 54.2.d): considera la violazione della buona fede contrattuale come causa di licenziamento disciplinare, purché si tratti di un inadempimento grave e colpevole.

Nella pratica, la perdita di fiducia da parte del datore di lavoro può comportare sanzioni o la risoluzione del contratto, soprattutto nei casi in cui il lavoratore ricopra ruoli chiave nell’organizzazione.

È importante che il datore di lavoro definisca obbligazioni specifiche affinché il lavoratore sia informato sui propri doveri, in conformità all’articolo 5 dello Statuto dei Lavoratori che afferma “adempiere alle obbligazioni specifiche del proprio ruolo, in conformità alle regole di buona fede e diligenza.”

L’azienda può licenziarmi per malafede contrattuale?

Perché l’azienda possa recedere dal contratto di lavoro per violazione della buona fede contrattuale devono verificarsi le seguenti condizioni:

  1. Inadempimento grave e colpevole: il comportamento del lavoratore deve essere qualificato come grave e realizzato con intenzione o negligenza significativa, come previsto dall’articolo 54.2 dello Statuto dei Lavoratori.
  2. Dimostrazione da parte del datore di lavoro: è responsabilità dell’azienda provare che il lavoratore abbia commesso un atto che violi la buona fede contrattuale, come frode, slealtà, abuso di fiducia o concorrenza sleale.
  3. Proporzionalità: la sanzione deve essere proporzionata all’infrazione commessa. Non è sufficiente una semplice violazione; deve esservi un impatto significativo sul rapporto di lavoro o sugli interessi aziendali.
  4. Circostanze specifiche: i tribunali valutano ogni caso considerando fattori quali l’anzianità del lavoratore, la sua posizione gerarchica, le conseguenze delle sue azioni e l’eventuale intenzionalità.